La Strega di Beaubois di Luigi Brasili
Magnetica Edizioni, Collana Streghe, (2006), 4 euro

 



Odore di fuochi e di rose

Questo è ciò che ho respirato leggendo La strega di Beaubois di Luigi Brasili.
E molto di più.
Ma questo, soprattutto, è rimasto a me, alla mia mente, ai miei sensi.
Cos’altro dovrebbero essere le parole – certe parole – se non “trappole” per odori, sensazioni, brividi che – magia dell’arte dei suoni e dei segni grafici – riescono a riportarci in pieno in un mondo vivo. Come viva può essere la pagina scritta quando le parole che la “segnano” riescono a essere altro da sé e mutarsi in gesti, sguardi, dolori.
Dolori antichi e sempre vivi, come certe piante che non riescono a morire, nonostante il gelo dell’inverno.
Odore di fuochi e di rose.
Misti, mescolati in un tutt’unico. Aspro e dolce. Odore unico che s’insinua tra le casupole d’un villaggio perso ai bordi d’un bosco. Il mitico bosco sempre celato tra le pieghe più intime del nostro essere.
Eppure vero.
Vero bosco, con veri alberi, con vere paure di veri esseri che si sono persi. E che si perdono. Ancora.
Un mitico bosco che ha veramente visto, tra i labirinti dei sui rami scheletrici, orrori. Quegli orrori che fanno impallidire certi scimmiottamenti cinematografici e pseudoletterari. In questo racconto è magistralemente descritto un bosco vero. Tanto vero da essere sempre vivo, sempre presente.
I suoi aculei, anche.
Che s’incuneano e fanno male.
Da queste nostre ferite fuoriesce un balsamo, come quello che riescono a secernere gli aberi feriti.
Certi alberi.
Solo che, invece d’essere color ambra e profumare di fresco pino speziato, questo nostro balsamo è di colore nero–inchiostro e profuma di fuochi e di rose.
Che questo nostro sangue nero e profumato possa servire.
A qualcuno. A qualcosa.


dicembre 2006


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