Carlotta, c'è posta anche per me di

Bruna Nizzola

CAADG, 2007, 10 euro




È una scrittura che si dipana a piccoli tratti, segni, tocchi di colore e sfumature quella di Bruna Nizzola. Una scrittura “acquarellata” in cui ogni immagine-ricordo appare, splende e poi viene riassorbita dalla memoria, quel serbatoio che contiene infiniti strati d’ombre, le stratificazioni del nostro essere profondo. Che altro saremmo noi se non un continuo, spesso inconsapevole, confrontare i nostri attimi presenti con tutti gli altri nostri già passati? Passati cronologicamente, ma sempre vivi. A volte, ancor più vitali dello stesso presente. E basta poco, un odore, un colore, un’immagine per far riemergere con prepotenza un viso, una persona, una situazione che credevamo dimenticati. Noi siamo i nostri ricordi. Sempre vivono in noi. La vera morte è perdere i ricordi. Credo che il primo impulso dell’arte, di tutti i tempi e d’ogni area geografica, sia stato quello di fissare, bloccare, registrare nella speranza che almeno un segno, una traccia potesse sopravviverci e, soprattutto, potesse essere interpretato, recepito, perché no, tramandato. La vera eternità sta nel conservare ciò che è per noi significativo, ciò che per noi ha valore.
Le vecchie foto ci rimandano un mondo sparito. A volte, niente esiste più, né la persona ritratta, spesso neanche quella casa, quel paesaggio totalmente rimodellato. Sicuramente, non esiste più l’aria vibrante di quel momento. Non esiste più nel tempo reale. Ma, tutti noi lo sappiamo, il tempo altro non è che un’individuale stratificazione d’attimi, d’immagini, parole, ricordi. Un segno e tutto rivive. Nella scrittura e nella pittura di Bruna, che trovo così simili, c’è ad ogni istante la strenua ricerca di materializzare l’evanescente. Cosa è più evanescente dei ricordi e della luce che scivola su facciate di costruzioni, si riflette su superfici d’acqua, si concentra sui rami-segni degli alberi spogli e dà vita eterna a fiori destinati a decomporsi? Da quel serbatoio d’infiniti strati d’ombre riemenge Carlotta, una figura che s’impone a noi con la forza e la leggerezza di chi non vuole sparire. Come un fantasma che ha amato troppo la vita per lasciarla. E, con l’evanescenza d’un fantasma, la vedo attraversare queste pagine. Con la caparbia e la grazia d’un essere che sa farsi trasparenza; è goffa Carlotta, sembra che questo non sia il suo mondo, non sa bene quale sia il suo posto, il suo ruolo. La trasparenza è spesso una consolazione. Eppure vive, si sente vivere! E vive grazie alla scrittura, alle parole di Bruna che con sapienza e rispetto (posso dire, con infinito amore?) tratteggiano la sua figura, i suoi occhi e, soprattutto, la sua anima, così fragile e misteriosa. Chiudendo il libro si vede un quadro di Bruna, un paesaggio ricco di colore in cui una strada bianca sfuma verso l’infinito. Una strada vuota. Eppure, chissà perchè, io vi ho visto camminare e avvicinarsi verso di me Carlotta.


marzo 2008

 

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