Leda di Angela Buccella
Azimut, 2007



È da tempo che porto con me questo libro di Angela. Lo porto nel borsone fra le scartoffie dei miei corsi. Lo porto da una stanza all’altra, dal comodino al tavolo basso accanto al divano.
Lo porto.
È vero, come tutti, ho molte cose da fare.
Ma.
Ma è solo per questo che non riesco a trovare un momento, sedermi e leggere d’un fiato. Come vorrei.
Ma veramente lo vorrei?
Sento che la carta di questo “romanzo di carne” brucia. E, come belva, io ho un primordiale terrore del fuoco. Finalmente mi siedo, leggo due, tre pagine – come dire, due, tre stratificazioni di rocce millenarie – poi faccio scivolare un segnalibro fra i sedimenti di carta. Un segnalibro qualsiasi, come faccio sempre.
Dopo giorni, settimane, riprendo il libro in mano e lo divoro in poco tempo. Terminato, resto per un po’ in quella pausa dei sensi – ogni senso – in cui ci lasciano certe pagine; il mondo deve ricomporsi dopo essere esploso. Distrattamente, prendo in mano il segnalibro improvvisato che avevo fatto scivolare fra le pagine. Una brochure d’un negozio di bricolage: “Come curare le piante”. La rigiro fra le dita e, a metà d’una pagina pieghevole, leggo: “Più tardi potrete piantare le talee così ottenute. Ma solo le più robuste sopravviveranno a un tale cambiamento. Un eventuale fallimento può avere due cause. La prima dipende dal fatto che le radici tendono ad infrangersi al momento della trapiantazione; non essendo sostenute dalla terra, le radici sono in effetti molto fragili. La seconda causa è dovuta alla forma delle radici acquatiche, differenti dalle radici terrestri. Nell’acqua le radici effettuano meno lavoro di quelle che devono aprirsi un passaggio attraverso la consistenza della terra. Esse, inoltre, devono andare a cercare l’acqua in ogni direzione”.
Resto un per po’ sovrappensiero. Poi, di colpo, tutto (o quasi) m’è chiaro: Leda cerca liquidi.
Sangue, saliva, sperma, sudore, lacrime...
Soprattutto d’essi, Leda cerca il flusso, l’eterno scorrere. Ritmo incessante, incessante movimento.
Come la scrittura – la scrittura di Leda–Angela – nella quale, anche una sola virgola potrebbe essere d’intralcio. Questa scrittura cristallina teme due sole cose: la melma e l’opacità. Rifugge da tutto ciò che, stratificandosi, acquistando consistenza, perde di limpidezza.
Limpida e consistente è questa scrittura, compatta e apparentemente fragile, come velo di cristallo.
Cristallo antiproiettile.
Trasparente metallo in fusione è la consistenza dell’anima che Leda cerca; la propria anima.
L’altro, l’amato, non è che specchio infedele. Incantata superficie argentea, e mobile ancora, come lago che un sospiro increspa, un soffio disperde.
Soffio di semidea.
Violento è l’amore delle semidee.
Ma Leda è una vera Dea, e alla violenza aggiunge qualcosa d’ancor più prezioso: la fragilità. La stessa delle radici delle talee che dal loro universo d’acqua – amniotico? – vengono trapiantate nella terra – Madre Terra? –.
Volto, violento, nome, viola, taglio, grido; queste parole, ora inspiegabilmente, affiorano alla mia mente, o è solo lei che con ineguagliabile dolcezza me le ha sussurrate. Lei, Leda–Angela.
Con Amore.
Sempre.

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